Sconfitte, non fallimenti!
I Giochi di Vancouver si stanno rivelando da incubo per l’Italia intera e l’esternazione del presidente del Coni, Gianni Petrucci, tutti ci rappresenta: «È una grande delusione». L’ennesima!
Una delle notti più amare per la pattinatrice, che quando la musica finisce rimanda indietro le lacrime e fa l’inchino davanti al pubblico che comunque ha cercato di sostenerla. Allenamenti, sacrifici, persone coinvolte, desideri e attese, progetti… in una manciata di minuti tutto va in fumo, o almeno così sembra.
«Si impara dalle sconfitte, con tutte quelle che ho subito il mio futuro dovrebbe essere brillante» dice l’azzurra, «oggi non era il mio momento, ma prima o poi dovrà arrivare. Il talento c’è, non sono balle. Non mi posso arrendere».
Una medaglia conquistata passa attraverso tante sconfitte, e non è scontato, per la cultura in cui ci troviamo a vivere, quell’equilibrio che con molta semplicità e saggezza viene chiamato il “saper perdere”. Certo, bisogna far tesoro delle sconfitte: dove e perché ho sbagliato? Era nelle mie possibilità? Qual è il mio punto debole? Come posso potenziare le mie capacità e stabilizzare il mio senso di adeguatezza?… Sono tante le domande legittime nel dopo gara, affrontate con la propria equipe, con se stessi.
Il “saper perdere”
Il “saper perdere” coinvolge anche il pubblico, che soprattutto in certi sport non dimostra altrettanta dignità e coscienza di sé, per cui diventa aggressivo, violento, distruttivo, come se la sconfitta mettesse in discussione ciò che di più profondo e vitale ognuno ha in sé.
Lo sport ha nel suo DNA l’essenza del gioco, ma non è solo gioco: oggi più che in altri tempi è business e risonanze mediatiche. Ma lo è per tutti: per chi vince e per chi perde, per chi arriva a gareggiare e per chi ne rimane tagliato fuori. In gioco ci sono anche il proprio futuro, gli investimenti e le aspettative, l’entourage di persone che ruotano attorno all’atleta e all’evento.
È bello percepire nelle parole di Carolina la voglia di riscatto, sì la delusione e lo sconforto, ma anche il carattere e la volontà di non arrendersi: quella di ieri è stata un’amara sconfitta, ma non il fallimento di una carriera e tanto meno di una persona.
Ognuno di noi si confronta, e a volte anche quotidianamente, con situazioni analoghe, e purtroppo a volte sentiamo di uomini e donne, di giovani (!!!) che si arrendono, che gettano la spugna, che si chiudono nel proprio dolore. Una sconfitta non è un fallimento! Lo può diventare nel nostro vissuto, nel vissuto delle persone che non ci aiutano a dare il giusto valore a quanto percepiamo e viviamo, in una cultura che non sa fare i conti con il limite e che non ha la pazienza e l’arte del ricominciare.
Grazie Carolina, grazie per la dignità e la forza con cui hai affrontato questa sconfitta, nel rispetto per il pubblico, nel rispetto per te stessa, nel rispetto per la vita.
Don Claudio Belfiore