Aspettando le scuole, un centro sportivo in ogni parrocchia
Aspettando le scuole, un centro sportivo in ogni parrocchia
Prandelli è nato in oratorio, come giocatore e come allenatore; come lui diversi altri giocatori della Nazionale (Bonucci, De Sanctis, Sirigu) che oggi sono all’Europeo hanno cominciato la loro esperienza di vita e di sport in un oratorio.
Per anni il binomio sport-oratorio è stato guardato nel nostro paese come si guarda una sorta di parente povero della società sportiva: io, indipendentemente da come la si pensi di fronte a un simbolo religioso, sono del tutto contrario a questo punto di vista.
Prandelli qualche settimana fa parlò del suo oratorio, a Orzinuovi:
“Era proprio di fronte a casa mia – racconta il CT – per arrivarci dovevo solo scavalcare un muretto. Praticamente ci passavo le mie giornate: il mitico don Vanni ci lasciava giocare solo dopo che avevamo fatto i compiti e che gli spazi dell’oratorio erano puliti e in ordine, era un posto che noi bambini sentivamo profondamente nostro e che oggi andrebbe riscoperto”.
Intendiamoci, anche a me piacerebbe che le nostre scuole avessero palestre splendide, capaci di avviare al calcio, come alla pallavolo, al basket, alla ginnastica, al nuoto o al baseball tutti i ragazzi. Ogni studente è tenuto a frequentare corsi di educazione fisica, e ogni insegnante sarebbe tenuto a individuare tra i propri studenti quel talento che probabilmente non creerà un campione, ma un uomo migliore. Ma oggi la stragrande maggioranza delle nostre scuole ha impianti sportivi ridicoli, degni del terzo mondo, iperaffollati e spesso del tutto privi di qualsiasi strumento di didattica e divulgazione sportiva.
Se un insegnante di educazione fisica delle medie avesse in classe un allievo di tredici anni che potenzialmente può diventare un centometrista, se ne accorgerebbe solo al momento di dirgli di uscire dalla classe per tornarsene a casa.
Non so quanti studenti delle scuole medie abbiano mai visto una pista di atletica, una piscina, o un campo polivalente sul quale tentare sport di squadra che non siano il calcio. Tutto è demandato ai genitori, o meglio alle loro tasche, e alle società sportive: e ai loro interessi. In qualche provincia più piccola ci sono realtà ben strutturate, e sistemi scolastici organizzati: ma sono casi rari. Nel complesso la situazione è davvero triste e peggiora nelle grandi città.
Dunque, in attesa che il nostro diventi un paese normale, con un programma di avviamento allo sport davvero praticabile e strutture sportive gratuite per tutti i ragazzi al di sotto dei quattordici anni che vogliano fare sport sul serio, in attesa che nascano convenzioni tra il ministero dello sport e il ministero della pubblica istruzione con le istituzioni locali per dedicare l’attività di qualsiasi impianto sportivo esclusivamente e gratuitamente, agli studenti delle scuole dell’obbligo, la provocazione del presidente del CSI Massimo Achini di realizzare un centro sportivo in ogni oratorio di ogni parrocchia trova in me un sostenitore entusiasta. Non so quanti paesi potrebbero vantare 26mila centri di avviamento sportivo a basso costo.
Io all’oratorio non sono mai andato; da me non si usava. Non credo sia questo il motivo mi ha reso un calciatore mediocre, un cestista davvero pessimo (che giocava in una squadra molto forte per fortuna), un buon nuotatore e un discreto giocatore di pallamano. Quello che sono è arrivato dal fatto che i miei genitori pagavano, disponevano e accompagnavano: sono stato molto fortunato.
Oggi, dove l’organizzazione del volontariato locale si scontra, mal sopportata con la disorganizzazione pubblica, non possiamo lasciare il futuro dei nostri figli in mano al nulla. E non perché un domani ci siano campioni dei quali qualche presidente federale si bei in conferenza stampa, dopo che magari saranno stati genitori e amici a pagare allenatori, trasferte e quant’altro: ma perché un domani questo sia finalmente un paese dove fare sport trasmetta ancora un valore. E non solo costi.
Quando sento parlare di costo sociale e familiare dello sport io mi incazzo terribilmente: lo sport non è un costo. Non può e non deve esserlo: soprattutto a scuola. Lo sport è un diritto. Quanto l’istruzione o la sanità.
Paghiamo l’istruzione, salata; paghiamo la sanità, salatissima. Non ho l’illusione di pretendere che lo sport sia gratis: ma sono stufo di vivere in un posto che gestisce lo sport come una nicchia di voti e di potere, e non come una risorsa culturale, sociale e civile.
In attesa che questo diventi un paese normale e che queste cose, tra le altre che ancora mancano venga riconosciuta, andrò all’oratorio qui vicino a casa mia a chiedere se hanno piacere che tenga un corso da arbitri. O a vedere se manca un allenatore di pallavolo. Comunicare la mia passione è l’unico ruolo sportivo che mi riesce ancora discretamente. E può essere fatto gratis.
Strano che un paese come questo non ci sia mai arrivato…
di Stefano Benzi