Non tutti i genitori sono la “disgrazia” dello sport
Quando ho letto la breve notizia di seguito riportata in corsivo, subito ho immaginato il coro di lamentele che all’unisono risuonano contro il dannoso e fastidioso comportamento dei genitori a bordo campo… e non solo. Io preferisco cantare fuori dal coro!
Beghe in casa Tomic. Bernard, diciannovenne tennista australiano, è infastidito da uno degli spettatori che assistono al match di Miami contro lo spagnolo David Ferrer. Sugli spalti c’è infatti papà John che scuote la testa, sprona il figlio a fare di più ed è visibilmente insoddisfatto dalla prestazione. Tra un game e l’altro Bernard sbotta. Si avvicina al giudice di sedia e chiede espressamente di fare allontanare suo padre.
«È fastidioso. So che è mio padre, ma mi infastidisce. Voglio che se ne vada, è possibile?», si sente chiedere l’arbitro. Papà Tomic, che è anche l’allenatore di Bernard, avrebbe pronunciato una parola di troppo durante l’incontro. Nel tennis è noto come «coaching», un comportamento severamente vietato nelle manifestazioni individuali. Irritato dall’insolito favore è anche l’arbitro. Che ribatte: «Non puoi farlo tu?» ll talento australiano, oramai demoralizzato dal fatto che il papà-allenatore non se ne voglia andare spontaneamente risponde: «So che non succederà, lui non lo farà». Alla fine, però, il direttore di gioco si dimostra comprensibile richiamando l’uomo.
Avviata la partita educativa nello sport
È vero, ci sono un certo numero di genitori che si comportano come il padre di Bernard, qualcuno anche peggio! Ma non basta lamentarsi, non basta caricare i genitori di tutte le responsabilità, soprattutto non serve per risolvere il nodo problematico dei genitori nello sport. Come salesiani abbiamo avviato la partita educativa nello sport, campagna sociale di sensibilizzazione e di educazione ai valori e con i valori dello sport, perciò abbiamo fatto la scelta educativa, e non quella dell’accusa e della lamentazione.
Come movimento sportivo in Italia la prima sfida che dobbiamo affrontare è quella di rilanciare e sensibilizzare a una sana cultura sportiva, ricca di valori e attenta alle persone. Mentre si interviene sul fatto presente bisogna agire in maniera preventiva, perché certi fatti si riducano nel futuro, e questo non è frutto di leggi e di regolamenti, ma di cultura, un fatto educativo: l’educazione è fattore di cambiamento.