Che calcio a Bracciano!!

Ancora una volta un torneo di calcio per giovani diventa una grande esperienza. Non è che ami particolarmente il calcio, ma in questi anni passati con i ragazzi in oratorio ho imparato a relazionarmi con loro solo se mi interesso delle cose che loro amano. Ed il calcio è una di queste.

Non avrei mai immaginato che il sogno segreto di molti di loro sia proprio quello di fare il calciatore, davanti ad un pallone sono capaci di dimenticare qualsiasi cosa e non pensano ad altro, non pensano alle poche alternative che un paese come il nostro offre loro.

Se devo essere sincera, e chi mi conosce bene lo sa, il calcio l’ho sempre odiato, ma ora pensare che per molti giovani correre dietro un pallone equivale a non gironzolare per le vie del paese senza meta, rinunciare a uno spinello, e chissà quale altra cosa, o rinunciare anche solo a una bestemmia, allora forse il calcio lo cominicio ad amare. E quando tutto ciò non si limita solo a una partita di calcio, ma ad una partita che diventa strumento educativo, allora a questo punto, il calcio lo amo proprio.

Questo è lo spirito dei tornei di calcio che dedicati ai giovani che in questi anni abbiamo organizzato nella parrocchia di Bracciano. Quest’anno oltre 170 ragazzi tra i 7 e i 17 anni in campo. Quale migliore occasione di radunare tanti giovani e buttare lì qualche piccolo seme: iniziare il torneo con una benedizione del campo e dei giocatori, una preghiera tra un tempo e l’altro, qualche parola ogni tanto e soprattutto vietate le parolacce, le bestemmie, ogni forma che non rispetti gli altri.

Per i ragazzi la parola d’ordine è divertimento, ma un divertimento non illimitato, un divertimento che rispetta gli altri che li rende parte di un contesto in cui la relazione con gli altri è fondamentale, soprattutto nel mondo di oggi fortemente individualista.

Per gli adulti la parola d’ordine è educare, trasmettere quei valori che in alcuni casi la famiglia non riesce più a trasmettere, inserendosi pienamente nel contesto giovanile spesso vietato agli adulti. Per noi è stato necessario un lavoro svolto negli anni e ancora non basta, ma ogni anno il rapporto con i giovani si consolida, hanno un punto di riferimento, si sentono accolti, accettati, e accolgono e accettano a loro volta, in alcuni casi trovano aiuto, non ci dimentichiamo le situazioni più problematiche, i drammi familiari, le differenze razziali: nel campo sono tutti uguali nel campo si diventa una grande famiglia. Tanti sono “ragazzi di strada” che non hanno una famiglia dietro le spalle 24 ore su 24, sono quelli che hanno più bisogno, come i ragazzi “turbolenti” di San Giovanni Bosco.

 Oltre 170 ragazzi…e ogni anni ce ne sono di nuovi….. è vero non riusciremo a portarli tutti in chiesa, anche se molti nel tempo li abbiamo visti tra i banchi, o nel confessionale, ma potremmo avere la certezza di aver insegnato loro il rispetto per gli altri, di aver dato un posto dove stare, di averli tolti dalla strada e da cattive amicizie, di avergli fatto capire che esiste in terra un angolo di paradiso e di averglielo fatto conoscere. Avremmo piantato quel piccolo seme e un giorno potranno dire: “io andavo in oratorio e lì si che era bello” così come i più grandi ogni tanto dicono. E oratorio non è una struttura fatta di mattoni e cemento a disposizione dei ragazzi, l’oratorio lo fanno le persone disposte a mettersi in gioco, quelle che credono in tutto ciò. Non basterà mai tenere aperto un cancello dell’oratorio, ma i ragazzi saranno accolti in oratorio quando i cancelli del cuore degli adulti saranno spalancati a tutti i giovani indistintamente.

I miei ringraziamenti vanno al Vescovo, a tutti i sacerdoti incontrati in questi anni e tutte le persone che mi hanno sostenuta appoggiando con entusiasmo questa iniziativa.

Paola Di Serio
educatrice 

Condividi sui tuoi profili

Articoli recenti